PLINIO NOMELLINI
QUADRI (clicca)
PLINIO NOMELLINI
PLINIO NOMELLINI

(Livorno 1866 - Firenze 1943) Plinio Nomellini passa la sua infanzia tra le città di Livorno e Cagliari per motivi di lavoro del padre. Nel 1875 a Livorno frequenta la scuola d’Arte e Mestieri e contemporaneamente i corsi di ornato e figura tenuti dal pittore Natale Betti. Grazie all’attenzione del Betti, nel 1885 ottiene una borsa di studio per l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove studia sotto l’insegnamento di Giovanni Fattori. Essere stato allievo del grande maestro, sarà sempre motivo di orgoglio per Plinio. Fattori infatti segnò profondamente la formazione del giovane Nomellini e la loro fu anche una solida amicizia, che durò per la vita di entrambi; a Firenze Plinio ebbe anche l’occasione di conoscere sia Telemaco Signorini che Silvestro Lega. Nel 1890 si trasferisce a Genova, città che sarà di grande ispirazione per la sua produzione pittorica, sia per la condizione di città di mare, sia per i suoi fermenti sociali. Unitamente ad un gruppo di giovani amici artisti fonda il "Gruppo di Albaro", nel 1894. Proprio per le sue simpatie anarchiche fu arrestato e imprigionato e gli amici Fattori e Signorini si batterono a lungo per la sua assoluzione. A Genova la sua produzione si dedica maggiormente agli acquarelli, i colori sono meno violenti dei periodi precedenti al soggiorno ligure, ma non per questo meno vivaci. Nel 1902 lascia Genova per stabilirsi a Torre del Lago, in provincia di Lucca, alla ricerca di pace e silenzio, condizioni essenziali per la sua ricerca interiore. Nel 1908, quando la tranquillità del luogo viene molestata, si trasferisce a Fossa dell’Abate (odierno Lido di Camaiore). Bisogna pensare che in questi primi anni del secolo, tutta questa zona del litorale Tirreno era ancora primitiva, popolata solo da una bellissima pineta selvaggia che sfumava verso il mare, con canneti ed una bassa vegetazione odorosa. Plinio, sedotto da questa atmosfera, costruì in questa zona la sua casa, convinse Galileo Chini a comprarsi un terreno ed anche Lorenzo Viani vi soggiornò spesso nelle "capanne di biodolo". Nomellini in questo luogo aveva trovato ciò che rincorreva: il mare, la natura e la pace, dipingeva con il cavalletto posato sulla sabbia davanti al mare e "puliva i pennelli sulla corteccia dei pini". Terminata la prima guerra, questa zona subì infauste alterazioni edilizie, così Nomellini si trasferì nuovamente a Firenze, a Poggio Imperiale, alternando diversi soggiorni a Capri, all’Isola d’Elba e ad Ischia.

Cecilia Iacopetti


Biografia Nomellini frequentò negli anni 1883 e 1884 la scuola comunale di Arti e Mestieri a Livorno e i corsi di disegno di Natale Betti, frequentò l'Accademia di Belle Arti di Firenze dove insegnava Giovanni Fattori, frequentò i macchiaioli Silvestro Lega e Telemaco Signorini.

Nel 1890 si trasferì a Genova e vi rimase fino al 1902. Partecipò alla Promotrice Genovese e fu l'animatore principale in quel periodo della pittura genovese. Attorno a lui si formò il gruppo di Albaro (Giuseppe Sacheri, Eugenio Olivari, Angelo Balbi, Edoardo De Albertis, Angelo Vernazza) che condivise un'impostazione artistica innovatrice. In questo periodo alternò un divisionismo di matrice sociale ad un altro di stampo paesaggistico.

Nel 1894 fu arrestato e processato per partecipazione a riunioni anarchiche, in quello che fu detto il "processo pallone", in quanto montatura ideata dal questore Sironi.
A testimoniare in difesa di Nomellini, indagato per la sua amicizia con l'anarchico Luca Galleani, venne Telemaco Signorini. Nel periodo della sua prigionia l'artista eseguì alcuni disegni aventi come soggetto i carcerati nelle carceri di Sant'Andrea.

Partecipò all'Esposizione di Torino nel 1898 e dal 1899 regolarmente alla Biennale di Venezia.
Nel 1902 lasciò Genova per trasferirsi a Torre del Lago dove frequentò Giacomo Puccini, Galileo Chini, Eleonora Duse, Grazia Deledda, Gabriele D'Annunzio.
Nel 1907 allestì la sala alla Biennale di Venezia "L'arte del sogno" con Chini, Gaetano Previati e De Albertis.
In quell'occasione espose il dittico con i dipinti La nave corsara e Gl'insorti, Garibaldi e Alba di Gloria. Il 27 giugno 1914 fu iniziato in Massoneria nella Loggia Felice Orsini di Viareggio, il 22 marzo 1916 divenne Maestro massone[1].

Nel 1919 si trasferì definitivamente a Firenze. Dal 1939 al 1943 fino alla morte nel 1943 fu presidente del Gruppo Labronico.
Negli anni venti aderì al Fascismo. Ciò si ripercosse nella sua attività pittorica: ad esempio, il dipinto Incipit nova aetas (Museo civico Giovanni Fattori di Livorno) rappresenta la venuta a Firenze delle camicie nere.
Sue opere si trovano nei più importanti musei italiani, nelle collezioni di varie fondazioni bancarie, alla Camera di commercio di Genova, all'Accademia di Ravenna.
A Livorno, un'Annunciazione è ospitata nella Sala del Consiglio della Camera di Commercio (Palazzo della Dogana).

Nomellini realizzò anche numerosi cartelloni pubblicitari. Tra i più importanti è possibile ricordare quelli per l'Olio Sasso (1908), e quelli per l'inaugurazione dei monumenti a Giuseppe Garibaldi a Sanremo (1908) e alla Spedizione dei Mille a Genova (1915).

xxx xxx

 PLINIO NOMELLINI     Ritratto-di-Arturo-Conti


Periodi artistici

Dopo un'iniziale formazione macchiaiola, condotta all'insegna del maestro Giovanni Fattori, Nomellini si distacca, almeno parzialmente da quella tradizione.
Il quadro che rappresenta ufficialmente il distacco è il fienaiolo del 1888, presentato alla promotrice di Firenze, che ottiene la stima incondizionata di Telemaco Signorini e lo scetticismo, se non addirittura il rancore, del caposcuola Giovanni Fattori, che lo informa del rischio di diventare “servo umilissimo di Pissarro e Manet”.
Questo ammonimento contiene del resto una verità: Nomellini, complice l'amico pittore Alfredo Müller, sta imboccando una strada diversa, sul crinale di una nuova arte che in Francia chiamano impressionismo.
Il mecenate Diego Martelli battezzerà così Plinio Nomellini, Ferruccio Pagni, Francesco Fanelli, Giorgio Kienerk, come impressionisti livornesi.
In realtà Nomellini in questo momento è soltanto un postmacchiaiolo che sta portando avanti un proprio percorso, scevro di compromessi.
Le ragioni per cambiare ci sono tutte: la Francia propone nuovi modelli che possono essere adattati all'ambiente artistico italiano. Nomellini diviene con Angelo Morbelli e Pellizza da Volpedo uno dei maggiori esponenti del divisionismo di stampo sociale.
La sua militanza anarchica, come si sa, gli procurerà non pochi problemi, ma finì per fungere da viva ispirazione per la sua arte.
Alla svolta degli anni '90, condotta anche attraverso i moduli di un chiaro divisionismo di stampo paesaggistico con ambientazione ligure, segue quella del nuovo secolo, il XX, quando le istanze simboliste si fanno largo nella sua pittura. Rivaleggia in eleganza con Galileo Chini, prima che le sirene di una nuova epoca, densa di retorica, lo rapisse con il suo abbraccio.
Dipingere il fascismo e i temi a questo cari non depone a suo favore, specialmente tra i posteri.
Dopo la guerra l'ostracismo della critica si farà sentire per almeno vent'anni, prima che Carlo Ludovico Ragghianti in una celebre mostra del 1966 a Palazzo Strozzi lo sdoganasse, riportandolo nell'ambito più a lui congeniale e meritato: la storia dell'arte. Già nel 1948 Giovannino Guareschi lo aveva ricordato in un capitolo del Don Camillo per rappresentare allegoricamente un momento di un certo affiatamento pacifico tra Don Camillo e Peppone sul tema della prima e della seconda guerra mondiale.

xxx xxx


>>>>